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mercoledì 5 febbraio 2020

Microchip sottopelle

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Addio portafogli, chiavi elettroniche e carte di credito: migliaia di persone in Svezia hanno inserito sottopelle un dispositivo contactless, un microchip che utilizzano per pagare la spesa, le bollette e aprire la porta di casa.


Il sito The Conversation riporta che sono almeno 3.500 gli svedesi che hanno scelto di fare questa operazione. Come si spiega il fenomeno? Secondo gli esperti è un riflesso dell'articolata scena culturale svedese, strettamente connessa al biohacking.

HACKER DEL FUTURO. I biohacker sono biologi, spesso dilettanti, che conducono esperimenti in biomedicina al di fuori delle istituzioni tradizionali come università, aziende mediche e altri ambienti scientifici ufficiali.

Come gli hacker si inseriscono nelle reti dei computer modificandole, i biohacker modificano qualsiasi materiale biologico in circolazione, inclusi gli umani.

In questa cultura ci sono mode e tendenze diverse, nicchie e sottonicchie. Una di queste è quella dei transumanisti: informatici che scelgono di intervenire direttamente sul corpo umano superando, dove possibile, i suoi confini biologici.

Solo così, dicono, gli esseri umani saranno in grado di competere con l'intelligenza artificiale in futuro. La cultura biohacking svedese appartiene tendenzialmente a questo movimento e a sottogruppi come i "grinder", che hanno scelto di replicare sull'uomo l'uso dei microchip già utilizzati da decenni per tracciare animali e pacchi.

Fonte: QUI

martedì 21 gennaio 2020

razzo che si auto-consuma durante il lancio

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Nella corsa allo Spazio delle compagnie private l'imperativo assoluto è (indovinate un po'?) tagliare i costi. E se per alcuni la soluzione è ricorrere a vettori riciclabili, due Università europee stanno lavorando a un progetto diverso: un razzo "autofago", capace di vaporizzare il proprio motore in fase di lancio trasformandolo in spinta utile per il carico.


L'idea dell'Università di Glasgow (in Scozia) e della Oles Honchar Dnipro National University (in Ucraina) servirebbe a ridurre sensibilmente i costi dei lanci e avrebbe, come positivo effetto collaterale, quello di minimizzare l'immissione di detriti spaziali in orbita terrestre. I test del prototipo sono descritti sul Journal of Spacecraft and Rockets.

Chi sono i maggiori produttori di detriti spaziali?
SPINGI E DISSOLVITI. Oggi, la maggior parte dei razzi utilizza ingombranti serbatoi di carburante il cui peso è in genere molto maggiore di quello del carico utile. Ciò riduce l'efficienza del vettore, oltre a contribuire al problema dei rifiuti spaziali: queste parti del razzo infatti si staccano e finiscono in orbita dopo il rilascio del satellite trasportato.

Un razzo con un motore autofago (cioè che si "auto-mangia"), in grado di consumare la propria struttura durante l'ascesa, lascerebbe più spazio da destinare al carico, permettendo di realizzare vettori più piccoli per satelliti commerciali e riducendo i costi dei lanci spaziali.

COME FUNZIONA. Il motore autofago consuma una barra di propellente formata da un guscio di carburante solido all'esterno (una plastica dura, come il polietilene) e da un ossidante all'interno. A contatto con il calore del motore, carburante e ossidante si vaporizzano in gas che fluiscono nella camera di combustione. Oltre alla spinta si genera il calore necessario a vaporizzare la successiva sezione di propellente.

Variando la velocità di avvicinamento della barra al motore, i ricercatori sono riusciti ad accelerare e rallentare il vettore, una capacità davvero rara per un motore solido. Il prototipo è in grado per ora di sopportare operazioni di laboratorio della durata di un minuto.

QUESTO RAZZO SI AUTODISTRUGGERÀ. «La barra di carburante costituirebbe il corpo del razzo, e mentre il veicolo sale, il motore si consumerebbe dalla base alla punta, liberando spazio», spiega Patrick Harkness, tra gli ideatori, «ciò significa che la struttura del razzo finirebbe consumata sotto forma di carburante, e non dovremmo affrontare i soliti problemi di eccessiva massa strutturale». Il prossimo passo sarà capire come incorporare questo tipo di motore in un veicolo di lancio.

Fonte: QUI

mercoledì 18 dicembre 2019

Norman

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Chi è solito mettere in guardia dalle possibili derive dell'intelligenza artificiale potrebbe non apprezzare l'ultima fatica di un gruppo di scienziati del MIT (oppure, al contrario, potrebbe trovare una conferma ai propri timori). Il team ha infatti messo a punto un sistema di apprendimento automatico che ha addestrato su alcuni degli elementi più oscuri presenti sul social network Reddit. Scopo dell'esperimento è dimostrare come non siano tanto gli algoritmi stessi, quanto i dati che a essi diamo "in pasto", a influenzare le risposte che questi programmi ci restituiscono.


Perché non devi avere paura dell'intelligenza artificiale
CATTIVO MAESTRO. Il software, ribattezzato Norman come Norman Bates, il celebre killer del film di Alfred Hitchcock Psycho (1960), ha studiato le didascalie di una serie di immagini postate da un sottogruppo di Reddit che documenta gli aspetti più macabri legati alla morte: per ovvie ragioni etiche, come precisato sul sito del progetto, il software è stato influenzato con i contenuti delle didascalie soltanto, e nessuna immagine di persona morente o deceduta è stata usata nell'esperimento.

UN ALLIEVO PROVETTO. A questo punto Norman ha affrontato il test di Rorschach, un test di personalità che ha avuto fortuna in passato, basato sull'interpretazione di macchie di inchiostro. Le sue risposte sono state confrontate con quelle di un'ingenua AI istruita su immagini di gatti, uccelli e persone. Qui sotto, potete confrontare le diverse interpretazioni (ne trovate altre sul sito del laboratorio).

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lunedì 11 novembre 2019

I mini-robot del MIT

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Un team di scienziati del MIT ha realizzato piccoli robot stampati in 3D che si possono muovere e manipolare con semplici magneti, come se fossero marionette senza fili. I robot hanno diverse forme: un anello che si chiude, un tubicino che si schiaccia, un foglio che si ripiega su stesso... C'è anche una struttura simile a un ragno, in grado di afferrare piccoli oggetti.


ME LO FACCIO (QUASI) IN CASA. Sono stati realizzati con delle comuni stampanti 3D caricate con uno speciale inchiostro nel quale sono state inserite particelle magnetiche. Un elettromagnete posizionato attorno all’ugello di stampa fa sì che durante la produzione del robot tutte le particelle magnetiche si orientino nella stessa direzione.
I ricercatori, applicando opportuni campi magnetici alle diverse sezioni del robot riescono a modificarne la posizione. La giusta sequenza di spostamenti delle varie sezioni è così in grado di dare vita a movimenti complessi e anche a far “camminare” le strutture.

A proposito: ecco i robot più piccoli e precisi del mondo
A SPASSO PER IL CORPO UMANO. Xuanhe Zhao, professore al dipartimento di meccanica del MIT, ipotizza di utilizzare questi robot per realizzare minuscoli dispositivi biomedicali che possono essere inseriti all’interno del corpo umano.
Per esempio potrebbero essere impiegati per controllare il flusso di sangue in una vena o in un'arteria, per prelevare campioni di tessuto, per portare medicinali o piccole telecamere in zone del corpo difficilmente raggiungibili con altre tecnologie.

I robottini di Zhao fanno parte della famiglia dei robot “morbidi”, costruiti cioè con materiali deformabili, in grado di cambiare forma in seguito al modificarsi delle condizioni esterne.
Negli ultimi anni diversi gruppi di ricerca sono riusciti a mettere a punto robot fatti con l’idrogel o polimeri sintetici in grado di modificare forma e posizione in seguito a modifiche di temperatura, umidità o pH. Le reazioni di questi dispositivi sono però piuttosto lente, a differenza dei robot di Zhao che rispondono istantaneamente all’applicazione dei campi magnetici.

FACILI DA MANOVRARE. Il punto di forza di questi dispositivi è la versatilità: la tecnologia del MIT permette la realizzazione di strutture complesse formate da più sezioni le cui particelle magnetiche hanno orientamenti diversi.
In questo modo l’applicazione dello stesso campo magnetico permette di ottenere deformazioni e movimenti lungo direzioni diverse anche in spazi molto ristretti e senza bisogno di fili di collegamento.

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martedì 22 ottobre 2019

big della Rete contro il terrorismo

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La guerra al terrorismo passa anche per i social network: lo scorso anno Google, Facebook, Twitter e Microsoft si sono unite nel Global Internet Forum to Counter Terrorism (GIFCT), un gruppo di lavoro il cui obiettivo è quello di identificare e mettere in atto le migliori strategie per impedire, o almeno rendere difficile, ai terroristi l'accesso alle piattaforme di condivisione online.


UNIVERSO INTERNET. La prima linea di difesa è il monitoraggio continuo di ciò che viene pubblicato sui social. I numeri sono però impressionanti: ogni minuto vengono inviati su Facebook 510.000 commenti e 136.000 immagini, Twitter raccoglie 350.000 commenti e Youtube riceve oltre 300 ore di video.

Questa enorme mole di dati viene analizzata grazie all'utilizzo estensivo di sistemi di intelligenza artificiale: Facebook controlla la somiglianza delle immagini caricate dagli utenti con altre precedentemente indicate come "propaganda terrorista", mentre Youtube blocca i filmati che contengono scene di violenza o inneggiano all'estremismo.

L'IMPRONTA ELETTRONICA. Ma bloccare gli account più espliciti non basta. Crearsi una nuova identità sui social network è molto semplice e non richiede particolari competenze tecniche: molto spesso è sufficiente una nuova casella email.

Tutto ciò che facciamo online, ogni sito che visitiamo, ogni prodotto che acquistiamo, ogni like che lasciamo... Tutto si trasforma in una traccia elettronica che viene registrata, conservata e studiata "per finalità commerciali" dagli operatori della rete. Quando l'operatore è una intelligenza artificiale, le parole ipotesi di reato possono assumere un significato irreversibile (vedi). | PIXABAY
Per questo motivo gli esperti del GIFCT identificano le utenze sospette attraverso l'analisi del fingerprint, una sorta di impronta digitale che ogni macchina collegata alla rete lascia dietro di sé e che è formata da tutte le informazioni relative a indirizzo IP, sistema operativo, set di caratteri installati, identificativi delle varie componenti hardware.

Questi dati si trovano codificati in una sequenza numerica univoca, detta hash, che identifica il dispositivo che si collega, per esempio, a un social indipendentemente dall'account usato.

Nel primo anno di attività, da giugno del 2017, gli esperti del gruppo di lavoro hanno identificato, stilato e condiviso una lista e infine bloccato oltre 88.000 hash, e contano di arrivare a 100.000 entro la fine dell'anno. Il solo Youtube, nella seconda metà del 2017, ha rimosso oltre 150.000 video di propaganda estremista: la metà di questi è stata cancellata entro due ore dalla pubblicazione.

IL NEMICO SFUGGENTE. Di qualunque natura sia, una guerra prevede che ci siano almeno due contendenti, e i "cattivi" di sicuro non stanno a guardare. Minacce e propaganda criminale sono oggi veicolate anche aggirando le contromisure dei big, e con strategie molto semplici, come l'outlinking: invece di pubblicare contenuti direttamente sui social, esponendoli così ai sistemi di sorveglianza, si inseriscono contenuti innocui con link che rimandano a piattaforme più piccole, meno controllate e meno equipaggiate dal punto di vista tecnologico, come JustPaste.it, sendvid.com e altre.

TROPPA PRIVACY? Ma la nuova frontiera della propaganda sembra essere la messaggistica: il sedicente Stato Islamico negli ultimi mesi ha iniziato a essere molto attivo su Telegram, dove i simpatizzanti possono scambiarsi messaggi e contenuti senza timore di essere intercettati grazie ai sistemi di criptazione messi a punto per tutelare la privacy degli utenti.

L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA. Un problema non trascurabile che gli esperti di guerra informatica al terrorismo si trovano ad affrontare quotidianamente è quello dei falsi positivi, cioè la gestione di contenuti pubblicati da chi i terroristi li combatte in prima linea. Un esempio: lo scorso anno i sistemi di intelligenza artificiale di Youtube eliminarono migliaia di video che documentavano le violenze perpetrate in Siria e pubblicati da media locali o ONG. Molti di quei video sono andati definitivamente perduti, poiché questi gruppi non disponevano di archivi offline.

La guerra online al terrore è insomma molto complessa, ed è appena iniziata.

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mercoledì 4 settembre 2019

ZOE

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La dimensione green negli ultimi tempi sta raccogliendo sempre più consensi, sia da parte dei singoli, che fanno scelte sempre più oculate, sia da parte delle grandi aziende che hanno captato il cambiamento e tratteggiano la strategia del futuro. C'è chi è diventato attore protagonista del cambiamento nel campo della mobilità raccogliendo risultati straordinari: è Renault, che ha ideato una delle auto elettriche più amate in Francia e in Europa: ZOE.


In Francia più del 50% dei veicoli elettrici venduti sono Renault ZOE* e nel 2017 le vendite di ZOE sono aumentate del 44% rispetto all'anno precedente e ogni anno si sono incrementate*. Cosa avrà di così straordinario un'auto elettrica? ZOE rappresenta il rispetto dell'ambiente, ma ha anche il fascino di un'auto grintosa, elegante nelle linee, facile e versatile da guidare. Insomma, è tutto quello che si potrebbe desiderare in un'auto.

ZOE è l'auto a Zero Emissioni, che dunque non inquina, è silenziosa e consente di avere libero accesso alle ZTL e parcheggiare gratuitamente. Non solo. Si ricarica facilmente e in modo veloce: per recuperare fino a 120 km di autonomia reali basta solo mezz'ora. Non ci sono sprechi poiché è possibile recuperare energia in discesa e in frenata e questo recupero si visualizza sul display. Ma la cosa che piace moltissimo agli europei è l'autonomia: si dimentica l'ansia da ricarica poiché con ZOE l'autonomia di percorrenza è pari a 300 km in condizioni d'utilizzo reale.

L'ALTRO ASSO NELLA MANICA? Un nuovo motore elettrico R110 da 80kW più potente di quello precedente, che rende la guida ancora più piacevole e briosa. Basti pensare alla guida sulle strade extraurbane: il nuovo motore permette di passare da 80 a 120 km/h in soli due secondi e consente quindi di avere una guida più sportiva. «Grazie a questa maggior potenza, ZOE guadagna brio e versatilità per un utilizzo extraurbano», spiega Elisabeth Delval, Direttore Programma Aggiunto Renault ZOE. «Il conducente beneficia appieno del piacere di guida e dell'importante autonomia di ZOE». Il cambio automatico, invece, facilita la guida soprattutto sulle strade urbane riducendo i livelli di stress causati dai continui cambi di marcia.

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sabato 3 agosto 2019

Prese e spine elettriche

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Spine e prese elettriche non seguono uno standard internazionale: se viaggiate molto lo saprete bene, se state per partire, attenzione, perché è possibile che la spina dei vostri apparecchi non sia compatibile con le prese che troverete. Ogni Paese (o quasi) ha infatti il “suo” tipo e qualcuno anche più di uno...


Il brevetto di uno dei primi sistemi di presa di corrente elettrica, con attacco a vite, realizzato dall'americano Harvey Hubbell. | WIKIMEDIA
ALL'INIZIO FU LA VITE. La prime vere spine elettriche apparvero in Gran Bretagna a fine ’800, mentre l’americano Harvey Hubbell brevettò altri modelli nel 1904 negli Usa.

Fino a quel momento nelle case la corrente era impiegata prevalentemente per l’illuminazione e i primi elettrodomestici venivano collegati alla rete elettrica con un attacco a vite, come quello delle lampadine.

I nuovi sistemi, invece, rispondevano all’esigenza di rendere i collegamenti più pratici e sicuri              

Solo più tardi arrivò la spina con tre lamine, che prevedeva il collegamento di terra necessario per prevenire il pericolo di scosse. Negli anni successivi in (quasi) ogni Paese i progettisti svilupparono modelli tenendo conto più delle tecnologie disponibili che della possibile incompatibilità con i sistemi impiegati all’estero.

IN FUTURO? SEMPRE UGUALE! Ancora negli anni Cinquanta, per esempio, la Gran Bretagna creò un suo standard che ignorava completamente quelli in uso altrove. E lo stesso capitò in altri Paesi. Ma anche dopo che viaggiare è diventato un fenomeno di massa (e questa “bizzarria” tecnologica si è trasformata in un vero problema pratico), ognuno ha continuato a sviluppare il proprio tipo di spina, soprattutto per ragioni economiche, anziché puntare su uno standard comune. 

Arriverà mai, un giorno, la spina universale? Difficile, in realtà. Anche se tutti i Paesi dovessero mettersi d’accordo, resterebbe il problema della corrente, che, anche quella, non è la stessa in tutto il mondo. Per ragioni legate alla disomogeneità tra tensioni e intensità, chi viaggia molto continuerà ad avere a che fare come minimo con due spine: una per i 110 volt, con le lamine piatte, e una per i 240 volt, con gli spinotti cilindrici.

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martedì 23 luglio 2019

l'uomo licenziato dal computer

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Il protagonista di questa storia, Ibrahim Diallo, è probabilmente il primo lavoratore della storia a essere licenziato da un computer. La sua disavventura, raccontata in un blog, comincia alle 7 di una mattina qualsiasi di qualche mese fa, quando Ibrahim scopre che il suo badge non apre più la porta dell'ufficio. Convinto che si tratti di un guasto, si fa aprire dal custode, va alla sua scrivania e accende il computer - solo per scoprire che le sue password sono state disabilitate. Il computer gli nega l'accesso a tutti i sistemi aziendali.

Il suo manager, appena arrivato, gli comunica di aver ricevuto una mail dal dipartimento Risorse Umane in cui lo si informa che il suo contratto risulta scaduto: si attiverà subito per capire che cosa sia successo, gli assicura.

PRENDI LE TUE COSE... Il tempo passa e il peggio arriva subito dopo la pausa pranzo, quando due addetti alla sicurezza si presentano alla scrivania di Ibrahim con l'ordine, ricevuto via mail, di accompagnarlo fuori dall'edificio. Ormai era chiaro: Ibrahim era stato licenziato e nessuno, nemmeno i top manager dell'azienda, era riuscito a disinnescare un processo automatico che, mail dopo mail, lo aveva costretto a svuotare i cassetti e lasciare l'ufficio.

ERRORE UMANO. Che cosa era successo? Un incidente banale: l'ex capo di Ibrahim, prima di andare in pensione, si era scordato di caricare nel sistema informatico il rinnovo del suo contratto. Così, alla scadenza, il solerte computer aziendale che governa invisibile la vita dei dipendenti, un bel mattino ha avviato le procedure per trasformare Ibrahim in un ex dipendente - e in una grande o grandissima azienda dove le persone che lavorano in uffici o reparti diversi spesso neppure si conoscono, nessuno è riuscito a bloccare il processo.

NON TORNO PIÙ. A Diallo lo scherzo del computer è costato 3 settimane da disoccupato: tanto ci è voluto ai programmatori perché riuscissero a farlo rientrare a tutti gli effetti nel suo ruolo.

Ma poi Ibrahim ha deciso comunque di cogliere l'occasione al volo e cambiare lavoro. «Questa storia deve far ripensare al rapporto tra uomini e macchine», afferma Dave Coplin, esperto di sistemi di intelligenza artificiale.

L'AI CI SALVERÀ DAI COMPUTER? In effetti, forse una AI avrebbe potuto evitare a Diallo questa esperienza: sistemi basati sull'analisi dei dati avrebbero potuto segnalare una possibile anomalia su di un licenziamento che non era basato né su motivi disciplinari, né su basse prestazioni, e avrebbe potuto bloccare il processo in attesa di conferma o ulteriori istruzioni. Il punto di forza dei sistemi di AI è quello di riuscire a identificare schemi ricorrenti all'interno di grandi quantità di informazioni, come sono per esempio le motivazioni che portano all'allontanamento forzato di qualcuno dal proprio posto di lavoro.

E poi c'è il lato umano della vicenda: ciò che colpisce di più in questa storia è la completa automazione dell'intero processo e l'impossibilità per chiunque di riuscire ad interromperlo. Un po' come accade ai protagonisti del cult di fantascienza 2001 - Odissea nello spazio alle prese con HAL 9000, il computer che li vuole uccidere per non essere spento. Ma quello era solo un film.

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mercoledì 12 giugno 2019

la blockchain e come può cambiarci la vita

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C’è chi dice che sia la prima, grande invenzione di questo secolo e che nei prossimi anni non potremo farne più a meno. Parliamo della blockchain, una sorta di libro mastro digitale, decentralizzato, su cui poggiano i bitcoin e la maggior parte delle valute virtuali, che non passando per banche né intemediari finanziari, hanno bisogno di un metodo sicuro per registrare le transazioni.


Che cosa sono i bitcoin?
Proprio questo fa la blockchain, distribuisce il registro delle transazioni (blocchi) tra milioni di utenti nel mondo: ogni nodo (un computer connesso alla rete) riceve una copia del registro automaticamente. E in questo modo nessun dato registrato può essere alterato.

Blockchain: come funziona? Quando avviene una transazione digitale, questa viene raggruppata in un blocco (block) protetto da crittografia, insieme alle altre transazioni concluse negli ultimi 10 minuti e diffuse in tutto il network, dove vengono validate dai cosiddetti miner: questi ultimi sono gli utenti che mettono la potenza di calcolo dei loro computer a disposizione del processo, ricevendone una ricompensa in bitcoin o altre criptovalute. 

Al blocco così validato viene apposta una "etichetta" che contiene le indicazioni sulla data e l'ora in cui è stato creato: a questo punto viene unito ad altri blocchi, formando una catena (chain) dove, tutti insieme, sono disposti in ordine cronologico (dal più vecchio al più recente) continuamente aggiornato, così che ogni ledger (letteralmente “libro mastro”) nel network sia uguale a tutti gli altri, consentendo a tutti i membri di dimostrare in qualsiasi momento chi possiede cosa, senza rischio di truffe.
Una sorta di incorruttibilità che potrebbe fare della blockchain la tecnologia ideale da impiegare anche al di fuori degli scambi di criptovalute. Come scrivono Don & Alex Tapscott in Blockchain Revolution, la blockchain potrebbe infatti essere programmata per "certificare" tutto ciò che abbia valore.

1. ID DIGITALI.

La creazione dell’identità digitale, che ci renda riconoscibili nelle operazioni che facciamo online (e non solo) è una delle sfide del futuro, e vede impegnate tra gli altri, anche la Microsoft con la sua app Authenticator, creata anche per consentire alle persone che vivono nei Paesi in via di sviluppo di accedere ai servizi finanziari o avviare un'attività in proprio.

Da qualche tempo gli ingegneri di Microsoft stanno lavorando a una tecnologia in grado di usare la blockchain pubblica, per rendere inviolabile la nostra identità digitale, attraverso la crittografia. Al momento il processo è ancora in fase di studio: "per adesso il sistema blockchain si basa sui cosiddetti early-adopter ('pionieri' nell'uso di una tecnologia)", si legge nel blog di Microsoft dedicato all'argomento, "che spendono tempo ed energie per farlo funzionare; ma in futuro, se vogliamo che diventi alla portata di tutti, le operazioni di gestione delle chiavi dovrebbero diventare intuitive e a prova di errore". I ricercatori sono ottimisti e presto potrebbero esserci buone nuove.

Voto digitale: se ne parlava in una puntata del 2008 dei Simpson.
2. VOTO DIGITALE. Ammettiamolo: se c’è un motivo per cui le votazioni digitali stentano a diffondersi, è la paura delle frodi elettorali. I sistemi usati finora, infatti, non garantiscono la sicurezza necessaria. Ma le cose potrebbero cambiare nel giro di qualche anno: una tecnologia come quella della blockchain è infatti già teoricamente in grado di permetterci di votare con un clic, e in modo abbastanza trasparente da consentire a qualsiasi autorità di verificare se avvengono tentativi di intrusione o se qualcuno ha provato a modificare i voti.

Una prima sperimentazione è stata fatta lo scorso marzo in Sierra Leone, dove il voto dei cittadini è stato registrato usando una tecnologia creata da Agora, una startup svizzera, che memorizza in modo anonimo i voti in una blockchain privata (ma controllata da osservatori indipendenti), e permette l’accesso immediato ai risultati elettorali. "I votanti hanno espresso la loro scelta su schede cartacee, quindi il nostro team di osservatori imparziali li ha registrati sulla blockchain" ha spiegato un rappresentante di Agorà. “L’impiego della tecnologia blockchain ha permesso di ottenere il conteggio dei voti con due ore di anticipo rispetto alla conta ufficiale condotta dalla Commissione Elettorale Nazionale”.

3. ADDIO NOTAI.

Un altro degli obiettiv che si potrebbe ottenere con la blockchain, ed è tema nel quale Internet dopo le premesse iniziali sembra aver fallito, è quello di eliminare la carta dai documenti ufficiali, a cominciare dalle compravendite.

Casa e mutuo: il momento della fatidica firma, davanti al notaio. Grazie alla blockchain, in futuro, questa scena potrebbe diventare un ricordo. | PXHERE
Mentre oggi, quando acquistiamo una casa o un'auto, dobbiamo registrare la transazione su carta e depositarne varie copie, in futuro potremmo archiviarli facilmente in formato digitale, proprio come avviene con il libro mastro delle transazioni dei bitcoin. Questo comporterebbe la velocizzazione delle operazioni legate alla stesura dei contratti, l’identificazione sicura delle controparti e la possibilità di registrare, monitorare e trasferire titoli fondiari, atti di proprietà e altro su dei database decentralizzati, dove i documenti sarebbero sempre verificabili.

E potremmo dire così addio al notaio. In alcuni Paesi la sperimentazione è già in corso: l’Honduras di recente ha per esempio deciso di "certificare" il suo catasto di immobili e terreni utilizzando la blockchain, tagliando fuori di fatto tutti i pubblici ufficiali che precedentemenre erano necessari per il suo esercizio. Nel 2016  ha fatto qualcosa di simile anche la Georgia, dove il governo e la società Bitfury Group hanno lanciato il primo progetto al mondo per registrare i titoli di terra tramite una blockchain privata, rendendo tali transazioni verificabili attraverso la blockchain di bitcoin, che è pubblica e considerata molto più sicura di qualsiasi alternativa privata. 

4. TRASFERIMENTI DI DENARO. 

Vista però l'esperienza ormai consolidata nel campo delle criptovalute, l'uso più immediato che si può prevedere per la blockchain è come mezzo per accelerare il trasferimento di fondi tra due parti. A differenza delle banche, questa tecnologia è infatti operativa 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana e, grazie alla grande potenza di calcolo di cui dispone, è in grado di elaborare qualsiasi transazione finanziaria in pochi secondi.

Fonte: QUI

mercoledì 15 maggio 2019

Robot morbidi

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Da anni i ricercatori stanno sviluppando robot sempre più piccoli per operare in ambienti altrimenti inaccessibili. Uno tra tutti: il corpo umano. La sfida è quella di progettare un automa in grado di operare e muoversi in questo micromondo in un modo efficiente e preciso. Spesso l'ispirazione migliore arriva dalla natura. Lo sanno bene i ricercatori in bioingegneria dell'università Harvard di Cambridge e della Boston University (entrambe nello stato americano del Massachusetts) che hanno messo a punto il prototipo di “robot morbido”, costruito tutto in silicone.


A proposito di robot morbidi: ce ne sono di grandi e indistruttibili
COMPOSTO DA DODICI STRATI. Il robot si ispira al ragno pavone australiano, un ragno davvero singolare, caratterizzato dai suoi colori sgargianti e da una molto articolata danza propiziatoria per l'accoppiamento.  Una prima versione di questo ragno robotico è grande all'incirca come una moneta da un centesimo di dollaro: è stato costruito con dodici strati di silicone più sottili di un capello umano, modellati al laser per formare piccoli canali all'interno dei quali possano fluire acqua o aria. È proprio grazie all'immisione di questi fluidi che il tobot modifica la sua forma, muove le zampe ecc.

Al momento è in grado di compiere 12 tipi di movimenti con un livello di precisione dell'ordine del millesimo di millimetro: una “gentilezza nei movimenti” che, unita alla “morbidità”, potrebbero rendere questi mini robot molto utili in campo medico, con applicazioni che vengono ipotizzate sia nel campo della microchirurgia sia in quello degli esami diagnostici (come alternativa ad alcuni tipi di endoscopia).

Certo, sarà necessario ottenere esemplari di dimensioni ancora più contenute e perfezionare i movimenti, ma potrebbe  non essere lontano il giorno in cui questi micro-robot morbidi inizieranno a migliorare le nostre vite.

Fonte: QUI

martedì 16 aprile 2019

drone bagnino

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È accaduto al largo delle spiagge di Sagunto, in Spagna:  una donna che faceva il bagno a una settantina di metri dalla riva, si è trovata in difficoltà a causa delle "correnti di risacca" (correnti, spesso sottovalutate, che risucchiano e trascinano verso il largo), tipiche della zona. Per salvarla i bagnini hanno fatto ricorso a un drone.

Il drone ambulanza che salva la vita
Ricevuta una richiesta di soccorso che segnalava un gruppo di bagnanti in pericolo, gli operatori hanno prontamente inviato il quadricottero che (come si vede nel video originale, qui sotto) raggiunto il gruppo nel giro di alcuni secondi, ha calato il giubbotto di salvataggio per aiutare la persona più in difficoltà. L'intervento è stato poi completato da una squadra di soccorso che ha raggiunto il punto con le moto d'acqua. 

SALVATAGGIO IN DIRETTA. Il drone si chiama Auxdron Lifeguard ed è stato messo a punto da due bagnini, puntando su alcuni obiettivi principali: raggiungere più velocemente possibile la persona in pericolo (può toccare i 90 km/h); rilasciare, attraverso un verricello, uno o due giubbotti galleggianti che si gonfiano automaticamente a contatto con l'acqua; inviare in diretta ai soccorritori (in un raggio massimo di 3 km) il video della situazione  per fornire quante più informazioni utili possibili, per esempio per valutare se ci sia bisogno dell'intervento del medico.

Fonte: QUI

mercoledì 20 marzo 2019

La consegna della spesa nel futuro

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Gli abitanti di Scottsdale, una piccola cittadina dell’Arizona (Stati Uniti), potrebbero essere i primi al mondo a farsi consegnare la spesa da un robot, o, meglio, da una vettura senza conducente.


Nuro, start-up che opera nel settore dei veicoli autonomi, ha infatti stretto un accordo con Kroger, una delle più diffuse catene a stelle e strisce di supermercati, per avviare un servizio completamente automatico di consegna a domicilio.

Dato che i punti vendita di Kroger sono ben distribuiti sul territorio della città, il servizio opererà su distanze relativamente brevi: obiettivo delle aziende è per ora quello di testare su strada e in condizioni reali l’affidabilità e l’efficienza di questo tipo di consegna.

Uno scherzo scientifico per capire che effetto fa l'auto senza conducente!
PICCOLI ED EFFICIENTI. In una prima fase le consegne verranno effettuate da una flotta di Toyota Prius senza conducente, ma l’obiettivo finale di Nuro è quello di impiegare i suoi R1, piccoli furgoni elettrici dotati di due scomparti che possono contenere ognuno fino a 6 borse della spesa.

Secondo quanto reso noto dall'azienda, R1 è già a un ottimo livello di sviluppo. Come si vede nel video qui sotto, mostra di muoversi sicuro nei percorsi urbani, evita i pedoni, rispetta i segnali e sa interagire con le altre vetture.

NON SOLO LA SPESA. Se il test avrà successo, e Nuro non ha molti dubbi in merito, il servizio potrà essere esteso anche ad altri tipi di recapito, per esempio quelli delle lavanderie o dei documenti.

L’esperimento, che dovrebbe essere avviato nel giro di qualche settimana, permetterà all’azienda di verificare il gradimento di questa nuova tecnologia da parte dei clienti, ma anche il comportamento dei veicoli su strada, insieme a normali vetture guidate dagli esseri umani.

Fonte: QUI

mercoledì 6 febbraio 2019

Grafene

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La mieloperossidasi, un enzima appartenente alla famiglie delle emoproteine, presente nei nostri polmoni, può biodegradare il grafene: è ancora un'anticipazione, ma se lo studio condotto nell'ambito della Graphene Flagship sarà confermato, si aprirà per il grafene la strada maestra delle applicazioni biomedicali - finora interdetta proprio per via delle incertezze sulle possibili conseguenze dell'accumulo di questo materiale nel corpo umano. Il grafene è il materiale più sottile al mondo, costituito da un solo, singolo strato regolare e stabile di atomi di carbonio: prodotto per caso nel 2004 in un laboratorio inglese, nel 2010 è valso ai suoi scopritori il Nobel per la Fisica.


Grafene: la nuova era dei materiali
Per quanto straordinario, il grafene non ha ancora "pervaso" la nostra vita quotidiana - anche se si può trovare in tracce in costosissime racchette da tennis e in speciali vernici, e se fa da base a una nuova classe di armature militari e giubbotti antiproiettile.

CI PENSA LA MODA. A proposito di giubbotti, Vollebak, una start-up britannica, ha da poco lanciato sul mercato la prima giacca sportiva in grafene, a sottolineare che questo materiale ad altissima tecnologia ha di per sé un futuro nella moda, senza dover per forza pensare al solito "hi-tech wearable" (l'hi-tech elettronico incorporato nei tessuti). In questo prodotto lo strato di grafene è accoppiato a uno di nylon ad alta resistenza: la giacca è completamente reversibile, e a seconda delle necessità può essere indossata in un verso o nell'altro, con risultati "ambientali" differenti.

Stando ai produttori, grazie al grafene la giacca è infatti in grado di offrire a chi la indossa una perfetta termoregolazione: se viene lasciata al caldo per un po' e poi indossata con il grafene all'interno, riscalda distribuendo il calore in maniera uniforme (per "un piacevole effetto piumone", dicono). Non solo: pur essendo totalmente impermeabile, è anche totalmente traspirante.

«È da 14 anni che sentiamo parlare delle meraviglie del grafene, ma finora gli impatti di questo materiale sulla vita quotidiana sono stati scarsi o nulli. Con questo prodotto portiamo il grafene fuori dai laboratori di ricerca», commenta Nick Tidball, fondatore di Vollebak. Se volete aggiudicarvene una, potete acquistarla online per poco meno di 700 euro.

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martedì 15 gennaio 2019

RobotArt

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Non solo calcoli, formule, analisi: robot e sistemi di intelligenza artificiale sono anche capaci di creare opere d'arte paragonabili a quelle dei migliori maestri in carne e ossa. I più abili artisti digitali si sono recentemente sfidati nella RobotArt, una gara in punta di pennello che avuto per protagonisti "pittori artificiali" e scienziati umani provenienti da tutto il mondo.


Diverse le tecniche impiegate per le originali creazioni: alcuni team hanno utilizzato sistemi di AI programmati per generare quadri digitali indistinguibili dalle opere umane attraverso la combinazione di colori e pennellate, altri hanno messo a punto robot capaci di imitare alla perfezione i movimenti e la pressione esercitata sul pennello da un artista umano. I risultati sono sorprendenti.

Gli appassionati di arte sbaglierebbero a storcere il naso: «robot e software non possono sostituire la creatività umana», che si dispiega nascosta proprio nelle righe di codice dei programmi, spiega Andrew Conru, l'artista e ingegnere che ha ideato RobotArt.

Old Masters. | ROBOTART/CREATIVE MACHINES LABS/COLUMBIA UNIVERSITY
COLLEGA ROBOT. Nella visione del futuro di Conru, queste "macchine" possono essere usate nella fase finale della realizzazione di un'opera d'arte, per esempio per la rifinitura dei dettagli o per la ripetizione di elementi sempre uguali tra loro, e paragona la nuova forma d'arte alla nascita della fotografia - che non ha sostituito la pittura, ma creato nuove forme espressive che prima non esistevano.

Conru immagina un futuro in cui pittori e macchine lavoreranno fianco a fianco realizzando creazioni del tutto nuove rispetto a quelle che conosciamo oggi.

Certo bisognerà aspettare un po': per adesso, questa forma di espressione artistica non è affatto democratica - un braccio robotico con abilità pittoriche sopraffini costa più di 30.000 euro.

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domenica 9 dicembre 2018

realtà virtuale per l'addestramento dei pompieri

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L'addestramento dei pompieri è un'attività che, nonostante tutte le precauzioni, presenta qualche rischio per chi la pratica e per l'ambiente circostante (per esempio a causa della combustione di materiali che possono risultare tossici); in più c'è l'aspetto economico, perché per rendere le simulazioni realistiche spesso è necessario disporre di ricostruzioni di parti di edifici, di vere automobili ecc. 



Come funzionano gli aerei antincendio Canadair?
UN FUOCO VIRTUALE. D'altra parte, però, allenarsi a spegnere un incendio vero, ad affrontare una situazione di emergenza, è indispensabile. Una soluzione per farlo in modo più sicuro, efficiente e rispettoso dell'ambiente è quella progettata da  James Mullins, pompiere volontario e professore associato presso l'Institute for Intelligent Systems Research and Innovation (IISRI) della Deakin University dello Stato di Victoria in Australia. Si chiama Flaim Trainer, è un sistema che sfrutta la realtà virtuale.

ANCHE IL CALORE È SIMULATO. Il cuore del sistema è un visore per la realtà virtuale corredato da tutta una serie di sensori e componenti tecnologici applicati all'equipaggiamento reale per addestrare i pompieri in modo realistico e sicuro. Si potranno ricreare le situazioni più disparate come incendi di auto, aerei, abitazioni, boschi ecc.

Oltre alla ricostruzione 3D dello scenario, nella realtà virtuale vengono simulati i movimenti del pompiere ("tracciati" attraverso un sensore applicato sull'erogatore dell'acqua) e alcune delle sensazioni che si proverebbero nella realtà. La tuta, per esempio, si riscalda grazie a una serie resistenze elettriche applicate sul tessuto: più il pompiere si avvicinerà al fuoco virtuale, più la temperatura andrà ad aumentare nella parte corrispondente del corpo. Ci sono inoltre sensori per monitorare il battito cardiaco, la risposta fisiologica e le prestazioni.

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mercoledì 21 novembre 2018

Google Glass

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A volte ritornano e stavolta tocca ai Google Glass. Ve li ricordate? Gli occhiali intelligenti realizzati da Big G che avrebbero dovuto rivoluzionare il modo di accedere alle informazioni e alla tecnologia. Ma poi ritirati perché, di fatto, inutili e pure complicati da usare.


Ebbene, tre anni dopo la loro uscita di scena, i Glass tornano sul mercato completamente rivisitati e con un ambito di applicazione del tutto nuovo: il mondo delle aziende.

OK GLASS: AL LAVORO! Gli ingegneri di Google hanno infatti pensato di realizzare una nuova versione di questo dispositivo da utilizzare nel mondo dell’industria, in tutti quei contesti dove la tempestività dell’informazione è essenziale.

I Glass potranno per esempio dare informazioni sullo stato dei processi di lavorazione di una catena di montaggio, evidenziare un guasto o segnalare in tempo reale quando la scorta di un certo materiale è arrivata al limite.

I nuovi Google Glass Enterprise Edition arriveranno con una app realizzata da Plataine, azienda israeliana specializzata nelle intelligenze artificiali.

L’utente dei Glass avrà così a disposizione un’assistente virtuale con cui interagire grazie a comandi vocali e in grado di mostrare le informazioni sulla lente-schermo ma anche di leggerle in modo facilmente comprensibile anche in ambienti rumorosi come quelli industriali.

ADDIO COMPUTER? Secondo gli esperti di Google questo dispositivo permetterà ad operai e lavoratori di tutti i livelli di gestire i processi di cui sono responsabili senza bisogno di un computer. Una bella sfida? Sicuramente sì, ma probabilmente non l’unica.

Secondo quanto riporta Futurism, l’utilizzo dei Glass dovrà vincere numerose resistenze da parte dei lavoratori, soprattutto quelle legate al possibile controllo che le aziende potrebbero attuare, grazie a questi dispositivi, sui propri dipendenti: cosa stanno guardando, cosa stanno dicendo, dove si trovano ecc.

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giovedì 25 ottobre 2018

Armi del futuro?

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La prossima guerra tra superpotenze potrebbe durare poco, e l'uomo potrebbe essere relegato a un ruolo di secondo piano. A combattere potrebbero infatti essere robot, droni e sistemi elettronici vari, molto più veloci ed efficienti degli umani.


Non stiamo parlando di un futuro lontano: questo è il "presente". Lo scorso maggio i dipendenti di Google hanno manifestato contro il supporto che l'azienda sta offrendo al Pentagono nello sviluppo di droni dotati di intelligenza artificiale, mentre poche settimane fa 400 scienziati hanno discusso la messa al bando della ricerca nel settore delle armi autonome. Chi con l'intelligenza artificiale ci lavora tutti i giorni e ne conosce il potenziale, è (o si professa) "spaventato" dai rischi della corsa agli armamenti intelligenti. Lo spiega Andrea Kisrch in un articolo recentemente pubblicato su Quartz.

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lunedì 3 settembre 2018

fornelletto da campeggio a prova di vento

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I campeggiatori lo sanno bene, uno dei punti deboli dei fornelli da campeggio è la loro fiamma scoperta, sensibile agli effetti del vento. Per ovviare a questo problema si sono scomodati nientemeno che al Design and Technology Lab dell'ETH di Zurigo, con un progetto universitario che ha prodotto Peakboil, il prototipo del fornelletto da campeggio più tecnologico del mondo, dotato di un accorgimento che gli consente di funzionare anche nel mezzo di una bufera di vento.


A sinistra, nella foto, il fornelletto completo. A destra il bruciatore, con la sua particolare forma "a spremiagrumi" che migliora il trasferimento del calore. | ETH ZURICH
INCRESPATO. Il cuore di Peakboil è il bruciatore, la cui forma è "increspata" in un modo che lo fa assomigliare vagamente a uno spremiagrumi. Rispetto a una comune forma cilindrica "liscia", questa consente infatti di aumentare l'area di contatto tra la fiamma e il contenitore metallico dentro il quale il bruciatore stesso è incorporato (rendendo così più efficiente la trasmissione del calore).

Ma ecco la sfida principale: trovare un sistema di produzione in grado di realizzare una forma tanto virtuosa da un punto di vista “teorico”, quanto complessa da ottenere con le tecniche tradizionali.

L'UNICO MODO. La soluzione? Una tecnologia di produzione additiva, simile alla stampa 3D, che ha di fatto costruito il bruciatore strato per strato (ognuno spesso appena un trentesimo di millimetro), fondendo selettivamente la polvere di acciaio attraverso un raggio laser. «È solo grazie a questa tecnica che si possono ottenere forme complesse come quelle del nostro bruciatore», ha dichiarato Julian Ferchov, capo del progetto e ricercatore dell'ateneo elevetico.

Otto invenzioni per i viaggi e le vacanze
Il primo prototipo di PeakBoil è stato messo alla prova sul campo, sulla vetta del monte Säntis (2.500 metri di altitudine) nel massiccio elvetico nordorientale: nonostante il fortissimo vento in vetta è stato in grado di far bollire dell'acqua senza battere ciglio.

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mercoledì 29 agosto 2018

made in Italy nell'era della blockchain

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Cosa sia una blockchain ormai è noto e le analogie si sprecano: è un libro mastro,  un registro di  certificazione, un notaio virtuale, che funziona “peer to peer” e che a regime, secondo gli esperti della materia, disintermedierà molti degli attori fino ad oggi protagonisti nelle quotidiane transazioni  di beni e servizi.


In pratica è  un sistema di certificazione  che collega direttamente i soggetti attivi della transazione. Ogni unità del registro è un “blocco” (da cui block), e i blocchi sono collegati tra loro (chain, catena) nell’ordine in cui sono stati creati. I blocchi sono connessi usando la crittografia, che li lega in modo virtualmente non modificabile. Quindi potremo sin dalla nascita del primo blocco conoscere passo passo la storia e l’evoluzione, di un qualsiasi prodotto, bene o servizio, che si avvale di questa tecnologia. Non abbiamo più bisogno di un certificatore esterno, ma il prodotto stesso è già di per sè, certificato.

Per capire meglio quali sviluppi e quali implicazioni porterà questa tecnologia nelle nostre vite ed in particolare nel settore del made in Italy, abbiamo chiesto il parere di due illustri personalità,  Serenella Sferza del MIT (Massachusetts Institute of Technology), co-direttore del MIT Italy-Program e Alan Tien, laureato alla Stanford University in ingegneria elettronica ed oggi uno dei massimi esperti della materia, ed attualmente consulente senior per alcune delle più innovative start up del settore.

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giovedì 12 luglio 2018

esperti sul nostro futuro hi-tech

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Che si tratti di algoritmi, di droni o di robot, in futuro faremo sempre più i conti con sistemi autonomi e "intelligenti", che avranno influenza su quasi ogni aspetto delle nostre vite dal punto di vista economico, sociale e personale. Sembra inevitabile: le nuove tecnologie non fanno che progredire e diventare, per certi versi, più accessibili.

Questo comporta però anche dei rischi: sempre più osservatori si chiedono infatti, man mano che la tecnologia diventa più invasiva, che impatto potrebbe avere sui diritti umani: dal diritto alla vita alla privacy, dalla libertà di espressione ai diritti sociali ed economici. E dunque: come si possono difendere i diritti umani in un panorama tecnologico sempre più modellato dalla robotica e dall'intelligenza artificiale (AI)?
DRONI KILLER. Studiosi come Christof Heyns, docente di diritti umani all’università di Pretoria e relatore delle Nazioni Unite, ha espresso in diverse sedi preoccupazione per le leggi, allo studio in alcuni Paesi, che permetterebbero ai droni militari di decidere autonomamente quando colpire un bersaglio, senza un controllo umano da remoto. Questo li renderebbe armi da guerra decisamente più rapide ed efficaci. «Ma, per esempio», si chiede Heyns, «un computer sarà in grado di esprimere un giudizio di valore sul fatto che un gruppo di persone in abiti semplici che portano fucili non siano combattenti nemici, ma cacciatori ? O soldati che si arrendono?”.

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venerdì 22 giugno 2018

OnePlus 5


OnePlus 5 era uno smartphone di punta e conveniente, ma era di breve durata. Meno di sei mesi dopo il lancio di giugno 2017, non è più possibile acquistare il telefono. La ragione? L'eccellente OnePlus 5T si è presentato allo stesso prezzo, offrendo di più.

[Aggiornamento: non è più possibile acquistare OnePlus 5. È stato sostituito da OnePlus 5T , che offre cornici più piccole, uno schermo più grande, sblocco facciale e telecamere posteriori migliorate, il tutto allo stesso prezzo di OnePlus 5.]

Vedi tutte le offerte OnePlus 5
Guardando OnePlus 5, è difficile credere che l'azienda che lo ha realizzato avesse meno di quattro anni. Si tratta di un telefono che riesce a tenere testa ai suoi dispositivi di punta da aziende che hanno enormi potenzialità di denaro da spendere in ricerca, sviluppo e design e da un decennio o più di esperienza nella realizzazione di smartphone.

OnePlus ha sempre fatto telefoni impressionanti a prezzi di punta, ma con questa iterazione l'azienda cinese ha imparato dagli errori precedenti e costruito sui suoi successi per creare un fantastico telefono a 360 gradi.

Prezzo OnePlus 5 e data di rilascio
Due versioni: iniziato a $ 479 (£ 449, AU $ 599)
Esaurito dal sito Web OnePlus negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell'AUS
ONEPLUS 5 SPECIFICHE


Peso : 153g 
Dimensioni : 154,2 x 74,1 x 7,25 mm 
OS : Android 7.1.1 Nougat 
Dimensioni schermo : 5,5 pollici 
Risoluzione : 1920 x 1080 
CPU : Snapdragon 835 
RAM : 6 GB o 8 GB di RAM 
Archiviazione : 64/128 GB 
Batteria : 3,300 mAh 
Posteriore fotocamera : 16 MP + 20 MP con doppia lente 
Fotocamera frontale : 16 MP 

Il prezzo di OnePlus 5 era superiore a OnePlus 3T . Questa è la dura verità sul nuovo telefono, ma in parte perché OnePlus ha deciso di utilizzare più materiali premium.

OnePlus ha prodotto due versioni di OnePlus 5, con il modello base con 64 GB di memoria interna e 6 GB di RAM, con un costo di $ 479 (£ 449, AU $ 599).

La versione di fascia più alta, con 128 GB di spazio di archiviazione e 8 GB di RAM, ha un prezzo di $ 539 (£ 499, AU $ 699) e questo è il dispositivo che abbiamo recensito qui. 

Qualunque versione tu acquisti, è un grande salto di prezzo rispetto a OnePlus 3T, che costa $ 439 (£ 399, circa AU $ 580) per il modello da 64GB e $ 479 (£ 439, circa AU $ 630) per la versione da 128GB.

E ricorda che OnePlus aveva già aumentato il prezzo per quella versione del telefono: OnePlus 3 , rilasciato a giugno 2016, era solo $ 399 (£ 329, circa A $ 450). Se stai cercando di aggiornare il telefono OnePlus che hai acquistato questa volta l'anno scorso, spenderai un po 'di più di quello che potresti aver previsto su OnePlus 5.

La data ufficiale di rilascio di OnePlus 5 era il 27 giugno, ma è ora esaurita sul sito Web OnePlus nella maggior parte dei paesi, inclusi Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

Caratteristiche chiave
Il nuovo design premium lo rende ancora il telefono OnePlus più bello
La fotocamera a doppia lente consente uno zoom senza perdita, come l'iPhone 7 Plus
Guardando la lista delle specifiche per OnePlus 5, si potrebbe pensare che questo sia un aggiornamento piuttosto limitato, ma ci sono alcune caratteristiche chiave che l'azienda sta spingendo per rendere questo il prossimo telefono che vorrai acquistare, in primo luogo il quale è il nuova fotocamera.

Questa è ora una configurazione a doppia lente che consente di catturare alcuni scatti "bokeh" dall'aspetto attraente con sfondi sfocati ad arte, oltre a vantare una funzione di zoom "senza perdita di qualità", il che significa essenzialmente che lo zoom su soggetti risulterà solo in un riduzione trascurabile della qualità dell'immagine.

Questa funzione funziona in modo simile allo sparatutto su iPhone 7 Plus , ma qui lo stai acquistando su un telefono più economico. L'apertura del sensore principale qui è anche incredibilmente ampia, e significa che sarete in grado di scattare alcune delle migliori foto per smartphone possibili in questo momento.

Fonte QUI