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venerdì 8 aprile 2016

Apple al lavoro su una tecnologia per rimuovere le parolacce dalle canzoni



Una richiesta di brevetto depositata negli Usa ipotizza un sistema che riconosca i «fuck» e li cancelli automaticamente dai nostri ascolti musicali

I rapper sono avvisati: Apple sta lavorando a una tecnologia che rimuova automaticamente le parolacce da una canzone. A leggerla così, la notizia ha il profumo del pesce d’aprile, reso ancora più pungente dal giorno in cui è venuta a galla: il 31 marzo. Eppure la richiesta di brevetto è autentica: è stata depositata oltre un anno fa (30 settembre 2014), ha un codice (Application #20160093316) e un nome serio («US Patent Application for Management, Replacement and Removal of Explicit Lyrics during Audio Playback Patent Application»). 

Negli Stati Uniti, d’altronde, con i «fuck» nelle canzoni non si scherza. Molti brani, soprattutto in ambito hip hop, escono già oggi in doppia versione: una «explicit» e una «clean», ripulita per la trasmissione radiofonica. La stessa Beats1, la radio online di Apple Music, trasmette solo versioni «clean». Ben noto è anche il bollino bianco-e-nero del «Parental Advisory Content», introdotto alla fine del secolo scorso e applicato sui compact disc. Il brevetto proposto da Apple offre una soluzione ideale per i tempi digitali: un filtro che riconosce la parolaccia (o la profanità, o il riferimento sessuale) e – se questo è il desiderio dell’ascoltatore o del broadcaster – la sostituisce con il più classico dei beep, con un testo alternativo o con la quiete del silenzio. 

Ci troviamo ancora nel limbo dei brevetti in attesa di diventare prodotto: quell’immenso calderone in cui si butta dentro qualsiasi idea che possa valer la pena proteggere con una certificazione di paternità intellettuale. Ma leggendo il testo della proposta si scopre che le ipotesi vanno ben al di là del maquillage sonoro a fini radiofonici. Il meccanismo di pulizia digitale potrebbe essere doppio: da un lato, con l’inserimento di metadati nel file musicale, che avvertono i sistemi di riproduzione della presenza della parolaccia e contengono già la possibile alternativa (una sorta di autocensura preventiva); dall’altro, con lo sviluppo di un sistema di riconoscimento automatico in grado di scovare anche l’explicit content non dichiarato e intervenire in tempo reale. «I metodi, i dispositivi e le tecniche qui descritte possono applicarsi a diversi contenuti e strumenti di riproduzione audio, quali la musica, gli audiolibri, la radio satellitare, così come i canali audio di sistemi video come la televisione, i dvd, gli streaming online». Una frase che, inevitabilmente, suggerisce tanti possibili scenari di censura tecnologica. 

FONTE:  lastampa.it